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Storia del ms. X

Il manoscritto X tramanda la Continuazione del Roman de Guiron seguita da una suite franco-italiana attestata solo in questo codice.

Viene descritto nel dettaglio per la prima volta da Roger Lathuillère nella sua analyse del 1966 (p. 89). Lo studioso francese dichiara di non aver potuto consultare direttamente il manoscritto, ma di dipendere dalle «notes» comunicategli da Jacques Monfrin, che «a pu en avoir des photographies» e «prépare un article à son sujet», articolo che non è tuttavia mai stato pubblicato. Sulla scheda Monfrin-Lathuillère si sono basate tutte le citazioni successive di X nella bibliografia specifica sulla storia testuale del Guiron, fino agli studi di Fabrizio Cigni sulla tradizione italiana.

Christopher De Hamel, in un suo studio sui manoscritti appartenuti alla famiglia Rothschild (2004), identifica X con il manoscritto n° 2 del catalogo del 1936 della biblioteca parigina del barone Edmond de Rothschild, poi passato in eredità alla figlia Alexandrine, i cui beni verranno sequestrati durante l’occupazione nazista. Il manoscritto X compare ancora al n° 351 del Répertoire des biens spoliés en France durant la guerre 1939-1945 (1947-49), poi le sue tracce si perdono. I beni di Alexandrine Rothschild rientrano in Francia tra il 1946 e il 1950, poi i suoi manoscritti vengono venduti tra il 1964 e il 1968 (la baronessa muore nel 1965), ma in entrambi i casi nei cataloghi non risulta più all’appello X, che ad oggi non è in possesso della famiglia Rothschild. La coincidenza cronologica tra la vendita dei manoscritti della baronessa Rothschild con gli anni della tesi di Lathuillère (ante 1966) rende verosimile che la consultazione del manoscritto da parte di Monfrin fosse legata comunque a un’occasione di passaggio di proprietà, e che il manoscritto – se era davvero rientrato dalla Germania – sia stato quindi venduto prima di allora per altra via.

Alcuni scatti, appartenenti a un microfilm in possesso di Monfrin e aventi come oggetto non il manoscritto stesso, ma sue fotografie bianco/nero con passepartout, fissate da puntine da disegno, sono stati utilizzati da Aurélie Lauby per la sua tesi di dottorato (2000, con alcune riproduzioni), mentre altre fotocopie, solo in parte coincidenti con il microfilm Monfrin-Lauby e dipendenti da analoghe fotografie, costituivano parte del materiale analizzato nella tesi di dottorato di Kay Sutton (1984). In entrambi i lavori queste riproduzioni sono servite per indagare i rapporti tra i disegni presenti nel codice e quelli di 5243, arrivando a proporre l’attribuzione di entrambi allo stesso artista, il Maestro del Guiron le Courtois, o quantomeno alla stessa «équipe d’artistes», come indicato nel catalogo dei manoscritti miniati italiani della BnF provenienti da Liguria e Lombardia da François Avril e Marie-Thérèse Gousset (2005).

Una copia di questi materiali è stata in seguito fornita al «Gruppo Guiron» dalle due studiose. Lino Leonardi, Nicola Morato, Claudio Lagomarsini e Ilaria Molteni hanno potuto quindi lavorare su questa documentazione e pubblicare un contributo in francese su «Romania» (2014), tradotto in seguito in italiano (2014). Nell’articolo ci si sofferma su diversi aspetti del codice: la sua storia e quella delle sue riproduzioni; i testi presenti e i loro rapporti con la più ampia tradizione del ciclo guironiano; la lingua dei diversi copisti; la decorazione del manoscritto e i rapporti con quella di 5243. Viene inoltre pubblicata, a cura di Lagomarsini, l’edizione critica della suite franco-italiana della Continuazione del Roman de Guiron.

Le riproduzioni di X sono state infine utilizzate da Marco Veneziale per l’edizione critica della Continuazione del Roman de Guiron (2020), rivelandosi fondamentali per completare alcune importanti lacune di L4, unico altro testimone completo dell’opera.

Nella complessa tradizione manoscritta del ciclo di Guiron, X si configura dunque come un testimone di notevole importanza. Il segmento testuale che testimonia, pur se molto parziale, occupa una zona strategica nell’economia narrativa del ciclo, là dove emerge la sua peculiare natura di opera aperta. La parte conclusiva che il solo X presenta al termine della clôture comune a L4 offre inoltre uno specifico interesse linguistico, e documenta un’attività compositiva in ambito franco-veneto fino a prima insospettabile per la tradizione dei romanzi in prosa. Infine il notevolissimo corredo pittorico conferma i motivi per cui il codice era già stato apprezzato come un episodio di tutto rilievo per la ricostruzione della cultura artistica veneta alla metà del secolo XIV, e in particolare per il ruolo che vi ha avuto la letteratura cavalleresca di provenienza francese.

Le riproduzioni di X utilizzate dal «Gruppo Guiron» saranno presto consultabili liberamente online sul sito web della Fondazione Ezio Franceschini, in attesa dell’auspicabile riemersione del codice alla disponibilità degli studi.